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LA FAMIGLIA SCIALPI

Regina Scialpi ebbe la buona e cattiva sorte insieme di nascere in una famiglia della buona borghesia, depositaria di tutti i pregiudizi e i divieti dell’epoca, con un padre il cui calore umano – se mai ne aveva avuto – era stato annullato dalla sua carriera di ufficiale di marina e con una madre bigotta, appiattita sotto l’imperioso dominio del marito. 
Era intelligente, le piaceva studiare e avrebbe le sarebbe piaciuto andare all’università, ma le fu vietato perché lo imponevano le regole del buon vivere. Così come le fu vietato l’amore, perché l’uo­mo scelto da lei era privo di alcuni requisiti imprescindibili.
Così si creò inconsapevolmente una certa indipendenza, attraverso disturbi nervosi che il padre non poteva discutere né affrontare, capaci di vietarle una vita normale e ragionevole, fino a impedirle di uscire di casa e di pranzare con gli altri membri della famiglia.
Finché trovò un aiuto in Roberto Assagioli, psichiatra, psicoterapeuta e fondatore della Psicosintesi in antitesi con la psicoanalisi di Freud, il quale, dopo anni di psicoterapia, riuscì gradualmente a farle vivere una vita quasi normale. E così Regina, incoraggiata da Assagioli a scrivere per ragioni terapeutiche, alla fine imparò a dare sfogo ai propri sentimenti attraverso un’autentica poesia.
Regina fu appassionata alla non violenza di Gandhi, le piaceva il poeta indiano Rabindranath Tagore e conobbe Pirandello nel periodo in cui aveva lo studio di fronte a quello di Assagioli a Roma in via Antonio Guattani. Non a caso, quando fu in grado di allontanarsi da Roma per le vacanze (le prime volte accompagnata sul trenino di Viterbo dall’inevitabile Assagioli a farle coraggio), decise di passarle a San Martino al Cimino, a pochi passi da quel Soriano al Cimino dove le faceva anche Pirandello.
Passò il tempo della guerra a Martina Franca, dove suo padre era nato, e quando tornò a Roma riprese con Assagioli un rapporto che con gli anni si era trasformato in amicizia, andando spesso a trovarlo a Firenze dove nel frattempo si era trasferito, e ricambiandogli l’ospitalità quando lui veniva a Roma. Stranamente accadde proprio ad Assagioli, ormai legato per la vita alla sua posizione di superiorità quale ex psicoterapeuta, di non capire il valore delle sue poesie che, probabilmente, non ebbe mai né tempo né voglia di leggere. Ma altrettanto stranamente, Regina lo ricambiò snobbando le astrusità esoteriche e astrologiche a cui lui aveva cercato di iniziarla: evidentemente lei preferiva dar retta solo al genio personale che ispirava la sua poesia. E, quanto a letture leggere, aveva una spiccata predilezione per i libri di P. G. Wodehouse e per il suo umorismo inglese: perché mai fosse così non lo ha mai saputo nessuno, anche perché lei di solito si schermiva.
Dei suoi squilibri Regina non si liberò mai del tutto, tanto che rimase per tutta la vita dipendente dalla famiglia, con la quale viveva una strana vita da “separata in casa”. Però col tempo imparò a vivere una vita quasi normale, felice a modo suo. E col tempo le sue poesie diventarono migliaia. L’ispirazione la poteva cogliere in qualunque momento, qualunque cosa facesse, e ciò che le dettava doveva essere scritto esattamente come le arrivava, senza tentennamenti e senza correzioni: quindi portava continuamente con sé una matita e un pezzo di carta su cui scrivere, dovunque fosse.
Nei suoi canti Regina Scialpi libera il pensiero dal controllo della ragione ed esprime solo pensiero puro, sciolto da qualunque preoccupazione logica, artistica, morale o metrica (Poeta son nel cuore, ignoto ho il verso/ Libera son da metri e da figure/ Ho il petto acceso...)
Ci ha lasciato circa quattromila poesie che toccano gli avvenimenti del suo tempo oltre a raccontarci il suo mondo fantastico: dei, angeli e creature soprannaturali che interagiscono con la terrena vita degli esseri umani.

Image by Ilona Panych
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"Uno scrittore che non scrive è un mostro che fa la corte alla follia"

Franz Kafka

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